Sezione: Oratorio e scuola
Articolo di: Nicolò Battista

Anche quest’anno entro la fine di gennaio gli studenti e le famiglie sono state chiamate alla scelta di avvalersi o no dell’insegnamento della religione cattolica per il prossimo anno scolastico. Credo che mai come quest’anno passato nella pandemia da Covid-19 ci sia la necessità di dedicare un po’ di tempo alle grandi domande presenti nei nostri bambini e ragazzi: chi siamo? Perché il dolore e la morte? Cosa possiamo sperare per il futuro? La quotidianità anche dei più piccoli è stata stravolta, andando a mancare principalmente la cosa più importante per crescere: la relazione. Quest’anno in una lezione, in una classe seconda della scuola primaria, mentre guardavamo un’immagine del villaggio di Nazaret un bambino alla mia domanda “Cosa vi colpisce?” risponde “Maestro non hanno la mascherina e possono liberamente abbracciarsi!”. La cosa che mi è rimasta impressa è stata la naturalezza, tipica dei bambini, senza alcun tono di simpatia o ironia. Ormai distanziamento e mascherine sembrano essere quelle barriere al desiderio di apertura agli altri e libertà che tutti noi possiamo percepire. In che modo l’insegnamento della religione può essere d’aiuto in questo particolare momento storico?

Innanzitutto, cerchiamo sinteticamente di capire cosa sia e soprattutto quale è il contributo richiestogli nell’ambito educativo scolastico. Spesso questo insegnamento è soggetto a critiche: molti credono che la scuola in quanto laica non dovrebbe avere un insegnamento religioso confessionale; altri reputano che la religione sia una disciplina inutile nella formazione scolastica (molti vorrebbero una “storia delle religioni”). Molto spesso purtroppo molti parlano di tutto e pretendono di farlo con autorità senza avere competenze. Credo che per parlare di scuola si debbano avere competenze e conoscenze specifiche nell’ambito. La religione che viene insegnata a scuola ha carattere confessionale, appunto “cattolica”, per un discorso strettamente di appartenenza storico-culturale del nostro paese; si voglia o no, tutti gli aspetti della nostra società hanno una radice cristiana. Pensiamo alla letteratura con Manzoni e Dante, due capisaldi che sono impregnati di cristianesimo; pensiamo alla notazione musicale che utilizziamo con le sette note che provengono da un inno scritto il 24 giugno per la festa di san Giovanni Battista; o ancora a tutta l’arte legata al mondo cristiano. Un insegnamento confessionale culturale non va contro la laicità dello stato, anzi ne è l’espressione! “Laico” non è “ateo”, ma richiama alla libertà di espressione in tutti gli ambiti. La religione cattolica a scuola, non essendo catechesi, in cosa lenirebbe il principio di laicità? Per giunta è facoltativa, quindi si può liberamente scegliere di non seguirla. Più laicità/libertà di così!

Mi fa sorridere molto quando si parla di modificare l’ora di religione in “storia delle religioni”; ma allora perché non modifichiamo la letteratura italiana, che si studia in tutte le scuole superiori, in “storia delle letterature”? È logico che la scuola debba formare gli studenti prima sul proprio patrimonio culturale: la letteratura sui grandi classici italiani, la filosofia sui grandi autori occidentali e la religione sui valori universali della cristianità e non solo; ad esempio, nella scuola primaria nelle classi quinte con i bambini si studiano le altre grandi religioni del mondo (Islam, Buddhismo, Induismo…): un’occasione per conoscere anche aspetti all’apparenza lontani dalla nostra realtà eppure molto spesso vicini in una società multiculturale come la nostra.

Oggi l’insegnante di religione di fronte a questa realtà complessa, multireligiosa e soprattutto ferita dalla pandemia è chiamato innanzitutto all’ascolto: deve ascoltare i propri studenti. L’ascolto è il primo passo in qualsiasi relazione. Deve cogliere i dubbi, le angosce, le speranze e i desideri dei propri studenti. Il docente di religione deve far proprie le tre virtù teologali (la fede, la speranza, la carità). È un uomo di fede in comunione con la Chiesa, che porta la speranza cristiana nell’incontro (con studenti, colleghi, famiglie) attraverso la condivisione della propria più profonda umanità espressa attraverso la carità. Un bravo docente di religione deve far proprie le parole del Santo Padre Francesco in occasione dell’Udienza alla guardia svizzera pontificia durante il giuramento delle nuove guardie del 5 aprile 2014: “Vivete intensamente le vostre giornate! Siate saldi nella vostra fede e generosi nella carità verso le persone che incontrate!”. In fondo non è altro se non quello che tutti i cristiani sono chiamati a fare: vivere il proprio battesimo!

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